Nelle ultime settimane si assiste – almeno a giudicare dai titoli dei giornali – a un dilagante panico morale per le azioni – indubbiamente deprecabili – di quei gruppi di (soidisant) ecoattivisti che pensano di poter mobilitare l’opinione pubblica sui temi del cambiamento climatico e della distruzione degli ecosistemi attraverso eclatanti atti di vandalismo contro opere d’arte e monumenti famosi, di cui il nostro Paese è particolarmente ricco. Episodi come quello del luglio 2022, in cui tre ‘ambientalisti’ si incollarono alla teca protettiva della ‘Primavera’ di Botticelli, o i più recenti imbrattamenti di Palazzo Madama a Roma e Palazzo Vecchio a Firenze, come pure delle acque della Barcaccia, sempre a Roma, sembrano aver scatenato l’ennesima corsa alla pena.
Beninteso, si tratta di fatti che meritano di essere stigmatizzati, anche attraverso l’impiego di sanzioni formali. Pure negli episodi comparativamente meno gravi – come l’imbrattamento, con colle, zuppe o altri liquidi, di teche o cristalli protettivi – sussiste un profilo di offesa al patrimonio culturale, al minimo nella forma della compromissione, seppur temporanea e di breve durata, della fruibilità delle opere, fruibilità che è poi al cuore dell’interesse collettivo alla protezione dei beni culturali. Nel caso, poi, che coloranti o vernici vengano scagliati, ad esempio, contro superfici monumentali porose, il danno potrebbe essere ben più grave, fino a richiedere un autentico restauro, e non una semplice pulizia. Da ultimo, proprio l’episodio di Palazzo Vecchio ben testimonia l’intrinseca irrazionalità e pretestuosità di queste forme di protesta, solo che si considerino gli ettolitri d’acqua, e i detergenti, necessari alla pulizia dei monumenti deturpati. Nulla di ecologico, dunque, ma indubbiamente molto narcisismo all’opera.
A preoccupare, però, è anche la reazione scomposta e quasi pavloviana che induce a concepire quale unica risposta possibile a questi episodi (ricorrenti sì, ma certo non epidemici) nuovi reati e nuove pene. Addirittura, dimenticandosi che fattispecie speciali di danneggiamento e imbrattamento di beni culturali (e paesaggistici) già esistono nel Codice penale (dal marzo 2022) o che quest’ultimo reato già prevede l’invocata reclusione fino a tre anni. Condividendo i testi delle proposte di legge con le agenzie di stampa prima che con i colleghi parlamentari e i cittadini elettori. Proponendo forme di ‘Daspo culturale’ impraticabili, a tacer d’altro perché nel nostro Paese pressoché ogni itinerario – salvo che in alcune aree rurali o industriali – porta inevitabilmente a meno di 10 metri da un bene sottoposto a tutela. O l’introduzione di forme di doppio binario sanzionatorio, amministrativo e penale, per le stesse condotte, a fronte della recente messa in crisi di questo modello repressivo, a opera della Corte Costituzionale, nel ben più collaudato settore del diritto d’autore (e prevedibilmente, a cascata, negli altri settori dell’ordinamento che già lo prevedono).
Se alcune proposte (come l’estensione dell’arresto facoltativo in flagranza alle fattispecie di danneggiamento e imbrattamento di beni culturali) possono anche risultare ragionevoli e meritevoli di considerazione, a essere irragionevole è la viscerale ‘twitterizzazione’ della politica criminale emblematicamente segnalata da questo rincorrersi affannoso di proclami e proposte. Ogni intervento normativo, e specialmente ogni intervento punitivo, deve essere attentamente meditato, in sé e nel rapporto con le disposizioni già presenti nell’ordinamento. Il modello di reattività irriflessa e semplificatoria cui ci hanno abituato i social, se già risulta deleterio nelle normali relazioni umane e sociali, è semplicemente esiziale quando in ballo ci siano, da un lato, interessi di enorme rilievo collettivo e intergenerazionale, come il patrimonio culturale, e dall’altro fondamentali libertà e diritti individuali, come quelli aggrediti dallo strumento penale, a loro volta protetti, come il primo, dalla nostra Costituzione. Un invito ad abbassare i toni è d’obbligo. Anche per non gratificare i vandali di un’attenzione da questi tanto ricercata, quanto sproporzionata alla reale portata delle loro azioni.
18 aprile 2023
Le norme contro gli ecoattivisti non si fanno sui social
Un articolo di Arianna Visconti | Cattolica News